Il pesante riciclo di César Baldaccini
Il pesante riciclo di César Baldaccini
César Baldaccini (Marsiglia, 1921-Parigi, 1998) |
“Io l’arte
contemporanea non la capisco proprio!” è la frase più pronunciata di chi non riesce a
vedere l’arte dei nostri giorni; si potrebbe ribattere dicendo se quello che avviene nel mondo ai nostri giorni sia più chiaro...
Gli assemblage ad un
occhio distratto potrebbero apparire casuali e senza senso ma la tecnica e la
capacità artistica con le quali lo scultore ha forgiato le parti di metallo e
le ha saldate e poi compresse negano questa tesi; avvicinando lo sguardo si
intravedono figure quasi umane inglobate nel bozzolo metallico. Metallo come materia
prima di ciò che non serviva più se non fuso, vive e prende forma in un
monolite che sembrerebbe esplodere da un momento all’altro. E’ un riciclo
nell’arte pesante diverso dal suo
coevo Arman che invece pone i suoi rottami in modo meticolosamente ordinato. L’artista entrerà
nel Nouveau Realisme l’anno seguente.
E’ un’arte fondata sul reale, in polemica all’astrattismo post-bellico, con grande interesse per gli oggetti tratti dall'uso quotidiano e in modo particolare dei rifiuti direttamente prelevati dalla discarica. Il realismo è posto come fonte di luce spirituale e in antitesi a un’arte al servizio di una società contemporanea per pochi snob, di tipo elitaria, peccato però che fu proprio lui a disegnare nel 1975 il premio Cesar per il cinema francese modellato sull’Oscar hollywoodiano, infrangendo così come tanti prima e dopo di lui il concetto utopico dell’”arte per l’arte”!
La recente cronaca ci porta a pensare ad
artisti come César Baldaccini piuttosto che alla triade rinascimentale italiana, nel vedere le immagini degli attentati terroristici, così come la disperazione umana è più
riconducibile all’Urlo di Munch se si vuole rappresentare, estremizzando, il
termine di attualità storica. Non che con questo voglia dire che l’arte debba
assumere un ruolo sociale univoco ma che riflette e anticipa gli eventi, questo
sicuramente sì. Il francese César inizia il suo periodo più proficuo negli anni
Sessanta quando contemporaneamente a lui Andy Warhol fotografa le scene degli
incidenti mortali della cronaca più nera e terrificanti suscitando scandalo
nella società americana del boom economico. César ruba l’idea dai prodotti dalle
presse idrauliche dei compattatori delle autodemolizioni pronti per la fusione:
le compression soprattutto di
automobili e di qualsiasi genere di largo consumo come elettrodomestici,
lattine, che la società
dei consumi getta via come rifiuto, assillata com’è dalla moda e dalla
pubblicità.
E’ un’arte fondata sul reale, in polemica all’astrattismo post-bellico, con grande interesse per gli oggetti tratti dall'uso quotidiano e in modo particolare dei rifiuti direttamente prelevati dalla discarica. Il realismo è posto come fonte di luce spirituale e in antitesi a un’arte al servizio di una società contemporanea per pochi snob, di tipo elitaria, peccato però che fu proprio lui a disegnare nel 1975 il premio Cesar per il cinema francese modellato sull’Oscar hollywoodiano, infrangendo così come tanti prima e dopo di lui il concetto utopico dell’”arte per l’arte”!