JE SUIS L'AUTRE Giacometti, Picasso e gli altri. Il Primitivismo nella scultura del Novecento.


JE SUIS L’AUTRE Giacometti, Picasso e gli altri. Il Primitivismo nella scultura del Novecento – Roma, Terme di Diocleziano dal 28/09/2018 al 20/01/2019


Maria Grazia Messina, curatrice della mostra insieme a Francesco Paolo Campione, ci guida attraverso le sale delle Terme di Diocleziano con orgoglio mostrandoci i criteri di accostamento di quei capolavori di arte etnica, definite comunemente primitive, alle opere dei grandi artisti occidentali dei Novecento. La mostra ha avuto un tempo di gestazione di circa dieci mesi in cui molte opere chieste in prestito sono state, in casi estremi, sostituite da altre per motivi organizzativi. Uscendo da questa straordinaria esposizione si può concludere dicendo che la forma ha trascinato con se il suo contenuto inscindibile: gli artisti contemporanei imitando la forma non hanno potuto negarne la forte anima magico-spirituale. Le credenze, i riti e le superstizioni per i quali tali manufatti erano stati scolpiti sono a dir poco spaventosi, dove noti o misteriosi, e impressionantemente vicini, in altro modo, alle nostre moderne quotidiane preoccupazioni, paure e desideri. La storia della maschera che veniva usata nei processi dal capo spirituale puntandola verso il colpevole era a dir poco spaventosa poiché il poveretto da quel momento non aveva più scampo dalla sua triste condanna. 
Mirko Basaldella (1910-1969) Idolo, 1961, legno dipinto
Firenze, Museo Novecento
Costantino Nivola (1911-1988) Antenata, 1953ca. lamiera ferro
Orani (NU), Museo Nivola 

Come dice Danto «qualsiasi fine abbia un’opera d’arte è sempre riduttiva rispetto a quel che si propone». Così l’accostamento delle sculture della fertilità sono accanto alla Madonna di Giacometti, che inizialmente prevedeva un bambino tra le sue braccia ma che lo scultore non vi pose mai, forse per i suoi non buoni rapporti con la madre, chissà. Accostamenti casuali di matrice psicoanalitica. Altri puramente formali come i barattoli di Piero Manzoni di fronte alla lunga parete lignea modulare di Louise Nevelson che alterna forme cilindriche alla Léger.  Molte opere sono prestiti di del Museo delle Culture di Lugano in cui la mostra si sposterà successivamente come seconda sede il 7 aprile 2019 inaugurando, con l’occasione, il rinnovamento dei suoi ambienti. Sono cinque le sale dedicate a cinque diversi temi: L’infanzia dell’essere, La visione e il sogno, Il mondo magico, Amore e morte e Il visibile e l’invisibile. Lo studio delle culture non-occidentali aveva interessato etnologi ed intellettuali e attraverso questi manufatti spingevano la ricerca verso ambiti inesplorati. Le colonie d’outre-mer esposte nei padiglioni dell’Exposition Universelle de Paris offrivano varietà di forme e di colori mai visti prima. Picasso visitando il Trocadero si disse deluso da questo luogo maleodorante e malsano. La capitale francese aveva già un museo etnografico in cui l’artista si ispirò per Les Demoiselles d’Avignon (1907) momento dal quale in poi tutta l’arte non fu più la stessa. Se da una parte le avanguardie portavano l’arte verso le Avanguardie dall’altra si cercava nelle forme primordiali una freschezza, una spontaneità e un’ingenuità perdute, le stesse che ispirarono un po’ tutti gli artisti del Novecento. E’ stata una scoperta vedere come alcuni artisti insospettabili abbiano anche loro attinto ispirazione dal Primitivismo. La scultura si è fatta portatrice di un cambiamento, così come fece nel passaggio dalla classicità al Medioevo, ora si spoglia del superfluo e torna genuina e diretta, con un linguaggio semplice e carico di significato: l’istintività del gesto. Non a caso ritroviamo statuine che venivano interrate sulle sepolture a difesa del defunto. Gli artisti coinvolti nella mostra appartengono alle diverse Avanguardie eppure tutti si sono cimentati in questa esotica avventura. 
Maschere di legno di pino cembro di Figure ibride diaboliche e mostruose del carnevale
Europa, Svizzera Lotschental, Inixio del XX sec. Zurigo, Rietberg Museum

Eccoli elencati: Karel Appel, Jean Arp, Kenneth Armitage, Georges Braque, Serge Brignoni, Agustín Cárdenas, Lynn Chadwick, André Derain, Jean Dubuffet, Sonja Ferlov Mancoba, Alberto Giacometti, Julio González, Henry Heerup, Max Ernst, Ernst Ludwig Kirchner, Yves Klein, Jacques Lipchitz, Man Ray, André Masson, Joan Miró, Louise Nevelson, Isamu Noguchi, Pablo Picasso, Germaine Richier, Salvatore Scarpitta, Fritz Wotruba, Enrico Baj, Mirko Basaldella, Adriana Bisi Fabbri, Alik Cavaliere, Pietro Consagra, Roberto Crippa, Agenore Fabbri, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Marino Marini, Luciano Minguzzi, Costantino Nivola, Arnaldo Pomodoro, Regina [Cassolo Bracchi], Raffaello Arcangelo Salimbeni, Gaston Chaissac, Francesco Toris. Un modo espressivo di vedere la natura non solo benigna ma anche selvaggia, istintiva, imprevedibile e a volte brutale. Forme semplici bidimensionali come quelle dei bambini che arriveranno alle esagerazioni dell’art brut del Co.Br.A. fondato nel 1948 da Karel Appel. E’ una ventata di energia che smuove tutta l’arte e che scuote le coscienze accelerando il gesto artistico come in un impulso primordiale. Alberto Savinio diceva che per apprezzare la scultura negra occorre condividerne lo spirito, fino a immedesimarsi nell’aspettativa di vedere il feticcio prender vita. «Più che un’arte primitiva l’arte negra è un’arte dimenticata. Ci parla un linguaggio remoto, che può ben divenirci familiare e che, in tal caso, ecciterà in noi una facoltà rimossa quanto preziosa, l’animismo». Questa mostra ha evidenziato l’incontro fatale tra diverse culture con il risultato evidente di una feconda apertura nel mondo dell’arte verso l’altro, quel non-io di Arthur Rimbaud.
per maggiori informazioni visita il sito

Galleria:

1

1-2
Marino Marini (1901-1980)
Danzatrice, 1953
bronzo
Pistoia, Fondazione Marino Marini


Luciano Minguzzi (1911-2004) Gatto, 1952, bronzo
Firenze, Museo Novecento
accanto: Nlcisi n'konde. Scultura-feticcio che incarna un potere
spirituale associato al culto degli antenati. Le punte, i chiodi e
le lame di ferro sono infissi nel corso dei riti dal sacerdote per
"fissare" la forza invocata.
Africa centrale, Congo, Regione di Lukula,
Etnia BaKongo sottogruppo Sundi
Inizio del XX secolo
Roma, Museo delle Civiltà

Alberto Giacometti (1901-1966)
L'Objet invisible (Main tenant le vide), 1934-35
bronzo
Saint-Paul-de-Vence, Fondation Marguerite et Aimé Maeght

Enrico Baj (1924-2003)
Re Ubu e Madre Ubu con altri personaggi del Teatro di Ubu, 1984-85, costruzioni di meccano colorato
Milano, Fondazione Marconi








Sciaitan, Raffigurazioni di spiriti protettori della foresta, in origine addossate a un grande centro al centro di un
bosco sacro, in cui erano dedicate cerimonie, preghiere, invocazioni, offerte e libagioni, volte a ottenere la benevolenza
Asia. Siberia occidentale. Etnia Ostiachi. (Khanty) ante 1880
Firenze, Museo di Antropologia ed Etnologia.
Sistema Museale d'Ateneo, Università degli Studi di Firenze

Gruppo di sei tithu, più conosciute come bambole kachina, che raffigurano danzatori mascherati che partecipavano
alle cerimonie. Le Bambole erano donate alle bambine per imparare a riconoscere gli attributi rituali dei danzatori.
America Settentrionale, Sud-ovest. Etnie della famiglie Pueblo.
XIX-XX secolo
Zurigo, Volkerkundemuseum der Universitat Zurich







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