PAUL CURTIS a K a MOOSE: I'm a dirty boy!

Paul Curtis a K a Moose: I'm a dirty boy!


Dodici anni fa Richard Morgan scriveva sul The New York Times di Reverse Graffiti, un interessante articolo su un artista nato a Leeds nel 1965, Paul Curtis conosciuto anche col nome di Moose, alce. Il suo stile è da includere in quello della Street Art, accanto alla Wraiting e ai Murales, perché si svolge in strada e per la sua natura effimera, temporanea e, a volte, estemporanea.  La sua tecnica consiste nel pulire le superfici sporche dei muri anneriti di costruzioni pubbliche cittadine come muri di recinzione, sottopassi, tunnel, ponti, marciapiedi, usando getti di acqua ad alta pressione o semplici spugne o pagliette di acciaio, utensili di uso pratico-casalingo, che ricordano il suo passato di lavapiatti in un ristorante. Curtis, per mantenersi agli studi in Accademia lavora come lavapiatti in un ristorante e racconta di come nacque la sua tecnica.  Casualmente mentre stava lavando le pentole, pulì  via una macchia di sporco dal muro di marmo creando una figura. La preparazione delle sue opere più grandi è in studio attraverso l’intaglio di grandi sagome, tipo stencil, forate che poi appoggiate sui muri di città sono sottoposte a pulitura con acqua a pressione. Non c’è traccia di vernici tossiche e le opere una volta create sono lasciate alla mercè dell’azione degli agenti atmosferici, mutabili e deteriorabili, effimere. Moose li chiama Green Works.  

Creare figure e ombre per sottrazione di sporcizia. Un’idea originale ed ecologica che denuncia la nocività dell’aria e degli agenti atmosferici divenuti caustici come le piogge acide che sciolgono le patine sui muri dei palazzi creando casualmente e involontariamente strisce verticali. Rivalutare la Street Art da quell’etichetta di vandalismo con una nuova Green Clean Street Art, che ripulisce dallo smog e dal degrado delle città. Moose racconta divertito di come passi inosservato travestito da operatore ecologico con la pettorina gialla, la mascherina, i guanti da chirurgo, armato d’idropulitrice e di come si sia rifiutato di pagare le multe perché lui non sta sporcando i muri, ma li sta pulendo. Un artista ammirato anche dall’ex presidente Obama e che ha riproposto la pubblicità anni Trenta per l’uso dello stencil, senza vernici, e a lui si sono rivolte molti brand importanti tra i quali Nissan,  Microsoft, Xbox e Smirnoff vodka. Famose sono le sue serie di disegni dei Giardini di Piccadilly di Manchester, del Tunnel di Blackwall di Londra, oltre a quelle della sua Leeds e delle foreste nel Tunnel Broadway di San Francisco.          

Dal Beijing al Messico fino allaTasmania. Forme come ombre, nette o sfumate, come ricordo dell’Arte Nera delle Silhouette settecentesche, dei Rayogrammi, delle ombre cinesi e delle pietre paesine. L’interesse è quindi per l’oggetto assente che la percezione cerca di immaginare. Simile nelle macchie di Hermann Rorschach (1884-1922) inventore del famoso test.  Alla base della ricerca sulle Silhouette e dei Rayogrammi, due svizzeri a distanza di un secolo, studiarono le ombre ma su fronti diversi. Il primo Johann Kaspar Lavater (1741-1801) pastore riformato scrive tra gli anni 1775-78 un’opera da cui nascerà l’infelice teoria della fisiognomica ma dalla quale si prenderà spunto per i quadretti di gran moda con i profili delle teste. Il secondo è Christian Schad (1894-1945) che nel clima dadaista nel 1919 chiama le sue immagini schadographie e le espone a New York nel 1936; in seguito nel 1938 saranno ribattezzate rayogrammi nel dizionario del Surrealismo da Man Ray. La tecnica è spiegata dal fotografo americano come evento accidentale dopo aver lasciato alcuni oggetti appoggiati su una pellicola fotografica vergine sotto la luce di una lampada scoprendo così la loro impressione: il rayograph.   

La parte più chiara è quindi quella coperta dagli oggetti e il contorno appare gradualmente sfumato. Ombre e luce, positivo e negativo, reale e immaginario, visibile e invisibile, palese e pragmatico, gesto volontario e casuale: ingredienti nella contemporaneità dell’arte. Strade diverse intraprese dagli artisti in quella crisi della pittura di Walter Benjamin in cui tutta la Street Art, compresa quella segnata in terra col gesso dai bambini, può ben ricordare alcuni schemi grafici di antica provenienza. L’artista sudafricano William Kentridge nell’aprile del 2016 inaugurò i suoi Triumphs and Laments con la stessa tecnica di Moose sui muri degli argini del Lungotevere una serie di grandi personaggi tra storia e mitologia della città eterna. Sono opere monumentali quasi a costo zero di grande effetto che fanno finalmente uscire allo scoperto artisti della strada colleghi di quelli operanti in notturna e in clandestinità. Sfuggire alle autorità per non essere multati. L’ironia dell’artista è tipicamente british quando parla del consiglio cittadino di Leeds contro la sua arte, egli immagina un processo alla Monty Python dove mostrare al giudice come prova A una bottiglia di detergente e come prova B un suo vecchio calzino!
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